Edilizia residenziale agevolata: affrancazione possibile anche se chiesta dall’ex proprietario
Obiettivo è compensare l’ente per lo svincolo del bene, onde restituire ad esso il suo pieno valore di mercato, e consentire al primo acquirente di regolarizzare l’invalidità dell’atto di compravendita stipulato a prezzo di mercato

In materia di edilizia residenziale agevolata, la procedura di affrancazione dal vincolo del prezzo massimo di cessione degli immobili può essere attivata anche dall’ex proprietario non più titolare di diritti reali sul bene, e ciò anche quando il vincolo sia già venuto meno per decorso del termine, rilevando a tali fini soltanto la data dell’atto di trasferimento da sanare. La ratio della norma, aggiornata nel 2018, è quella di consentire al venditore di assolvere agli obblighi contrattualmente assunti, cedendo un bene libero da pesi e vincoli, e di remunerare l’ente che aveva ceduto il bene a prezzo irrisorio e di evitare la locupletazione dell’acquirente che chieda il rimborso del maggior prezzo pagato. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 32705 del 16 dicembre 2024 della Cassazione), i quali precisano che la portata retroattiva dell’aggiornamento normativo, introdotto nel 2018, che riconosce il diritto di affrancazione anche a chi non è più proprietario del bene al momento della presentazione della relativa istanza, estendendolo altresì agli atti di cessione avvenuti anteriormente alla data di entrata in vigore della normativa del 2011, in uno con la funzione, svolta dall’istituto, di compensare l’ente per lo svincolo del bene, onde restituire allo stesso il suo pieno valore di mercato, e di consentire al primo acquirente di regolarizzare l’invalidità dell’atto di compravendita stipulato a prezzo di mercato, evitando la locupletazione dell’acquirente, fa sì che detta procedura possa essere avviata dal precedente proprietario anche quando il vincolo sia già venuto meno per decorso del termine, rilevando a tali fini soltanto la data dell’atto di trasferimento da sanare. All’origine del pronunciamento dei giudici il contenzioso relativo all’acquisto di un immobile in un Comune ligure e originato dall’azione con cui i compratori hanno chiesto di vedere dichiarate nullità ed illegittimità del prezzo pattuito con il preliminare di compravendita, intercorso con i promittenti venditori, nella misura di 370 milioni di vecchie lire (pari a 191mila euro), ed effettivamente corrisposto in seguito ad atto pubblico. Ciò perché l’immobile era pervenuto ai venditori in virtù di assegnazione di alloggio dalla cooperativa costruttrice, che aveva avuto in assegnazione il diritto di superficie sul suolo su cui era stato edificato il fabbricato, e perché, in sede di acquisto, era emersa l’esistenza di vincoli nella determinazione del prezzo della cessione dell’alloggio, in quanto questo avrebbe dovuto essere calcolato secondo i criteri indicati nella convenzione regolatrice del diritto di superficie stipulata nel 1985 e richiamata nell’atto del 2004 e non secondo quanto frutto del libero mercato.