Contribuente oggetto di accertamento: possibile il ricorso ad una testimonianza scritta

La prova è però ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale, e la pubblica fede non si estende ai fatti di cui il pubblico ufficiale si sia convinto in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche

Contribuente oggetto di accertamento: possibile il ricorso ad una testimonianza scritta

Via libera all’ammissibilità della testimonianza scritta richiesta dal contribuente oggetto di accertamento e mirata a provare la concretezza di una operazione catalogata invece dal Fisco come relativa ad una fatturazione oggettivamente inesistente. Questa la posizione assunta dai giudici (ordinanza del 7 aprile 2025 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Piacenza), chiamati a prendere la specifica istanza avanzata da un contribuente nel contesto dell’impugnazione di un avviso di accertamento emesso nei suoi confronti e concernente una dedotta fatturazione oggettivamente inesistente relativa a due forniture di merce. Nello specifico, il contribuente ha chiesto l’ammissione di testimonianza scritta, con indicazione di quattro capi di prova ed un teste, al fine di provare (unitamente alla documentazione già agli atti) l’avvenuto ritiro della merce presso la società che ha emesso la fattura ed il successivo utilizzo, da parte propria, di tale merce. Per i giudici non ci sono dubbi: una volta che l’amministrazione finanziaria abbia lumeggiato, sia pure in forma indiziaria e presuntiva, l’oggettiva inesistenza delle operazioni (ciò che è accaduto nello specifico caso, evidenziando la carenza di strutture della venditrice), spetta poi al contribuente provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. E in questa ottica la testimonianza scritta richiesta dal contribuente, e finalizzata a dar prova dell’effettiva esistenza delle operazioni contestate dal Fisco, si configura come necessaria ai fini della decisione, e ciò a maggior ragione per il fatto che l’Agenzia delle Entrate ha contestato che sia univocamente riferibile al dichiarante la documentazione agli atti firmata dal teste e che sia stata offerta adeguata prova dell’effettuazione delle operazioni contestate. Quanto poi all’eccezione del Fisco in ordine alla pretesa inammissibilità della testimonianza scritta in quanto contraria al contenuto del processo verbale di constatazione redatto all’esito della verifica fiscale, i giudici ribattono che l’atto pubblico del processo verbale di constatazione fa piena prova fino a querela di falso solo per le dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza. In sostanza, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale, e la pubblica fede non si estende ai fatti di cui il pubblico ufficiale si sia convinto in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche. Applicando questa prospettiva alla vicenda esaminata dai giudici, è impossibile ignorare un dettaglio fondamentale: i verbalizzanti non hanno in nessun modo direttamente accertato l’inesistenza della fornitura, ma hanno ritenuto di poterla desumere dalla complessiva valutazione della documentazione rinvenuta.

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