Ravvedimento operoso anche per le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente
Palese la volontà del legislatore di incentivare progressivamente il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipologia di reato tributario contestato

In materia di imposte sui redditi, il contribuente può accedere allo strumento del ravvedimento operoso anche per regolarizzare le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente. Questo il principio fissato dai giudici, chiamati a prendere in esame un atto impositivo originato da una verifica fiscale eseguita nei confronti di una società, verifica da cui erano emerse sopravvenienze attive non dichiarate per 1.000.000 di euro e costi non deducibili per oltre 370.000 euro negli anni compresi fra il 2009 e il 2013. Tanto la sottrazione degli utili alla tassazione quanto la contabilizzazione di costi fittizi erano dipese dall’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da una ditta, e i relativi importi erano stati successivamente riversati ai componenti della società. I giudici ritengono non contestabile, quindi, il ricorso al ravvedimento operoso, anche a fronte di violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente. Ferma restando, però, aggiungono, l’operatività dei limiti propri della relativa disciplina e tenendo conto della situazione concretamente in essere e dei relativi riflessi in ordine al quantum della sanzione. Ciò in considerazione della volontà del legislatore – documentata dall’estensione delle cause di non punibilità anche ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici – di incentivare progressivamente il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipologia di reato tributario contestato. (Ordinanza 33974 del 17 novembre 2022 della Corte di Cassazione)