Partecipazioni assegnate ai manager: devono esser considerate come dirette a remunerare l'attività lavorativa
Obiettivo è allineare il trattamento fiscale degli interessi e rischi dei manager rispetto a quelli degli investitori, garantendo così una comune assunzione e condivisione del rischio societario

Obiettivo della norma che cataloga i proventi da partecipazioni a società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio, e che considera ‘capital gain’ i proventi derivanti dalla partecipazione a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi, ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, è quella di allineare il trattamento fiscale degli interessi e rischi dei manager rispetto a quelli degli investitori, garantendo così una comune assunzione e condivisione del rischio societario. Pertanto, è incompatibile con tale regime, e con la conseguente qualifica di ‘capital gain’ dei relativi proventi, l'assegnazione ai dirigenti di partecipazioni caratterizzate da un regime in cui il rischio di perdita del capitale investito sia neutralizzato o, comunque, fortemente ridimensionato (ad esempio, laddove, come nella specie, il valore del diritto di opzione delle azioni assegnate, spettante ai dirigenti, venga blindato rispetto ad operazioni societarie che possano avere un'incidenza negativa). In tale ipotesi, infatti, i proventi di tali partecipazioni devono esser considerati come diretti a remunerare l'attività lavorativa dei manager rientrando nel regime normativo concernente la determinazione del reddito di lavoro dipendente. (Sentenza del 25 maggio 2023 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Genova)