Cessazione di alcuni membri e perciò dell’intero consiglio di sorveglianza: principio valido anche per la società per azioni strutturata secondo il sistema dualistico

Fondamentale che tale visione non sia utilizzata in modo abusivo per estromettere componenti non graditi, essendo funzionale a garantire il mantenimento degli equilibri dell’organo collegiale e non ponendosi in contrasto con alcuna disposizione imperativa

Cessazione di alcuni membri e perciò dell’intero consiglio di sorveglianza: principio valido anche per la società per azioni strutturata secondo il sistema dualistico

La clausola statutaria ‘simul stabunt simul cadent’, che prevede la cessazione dell’intero consiglio di sorveglianza a seguito della cessazione di alcuni suoi componenti, è valida anche nelle società per azioni strutturate secondo il sistema dualistico, purché essa non sia utilizzata in modo abusivo per estromettere componenti non graditi, essendo funzionale a garantire il mantenimento degli equilibri dell’organo collegiale e non ponendosi in contrasto con alcuna disposizione imperativa.
Questa la precisazione fornita dai giudici (ordinanza numero 14268 del 28 maggio 2025 della Cassazione), i quali hanno preso in esame il contenzioso relativo alla contestata revoca, in una società, di alcuni consiglieri di sorveglianza.
Questione centrale è quella relativa alla applicabilità della clausola ‘simul stabunt simul cadent’ per la disciplina legale del consiglio di sorveglianza.
Su questo fronte i magistrati sono netti: quanto sancito dal Codice Civile in tema di società per azioni stabilisce, tra l’altro, che se particolari disposizioni dello statuto prevedono che a seguito della cessazione di taluni amministratori cessi l’intero consiglio, l’assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d’urgenza dagli amministratori rimasti in carica. In sostanza, il legislatore ha inteso riconoscere la validità di una clausola avente un siffatto contenuto (‘simul stabunt sumul cadent’), disciplinandone gli effetti, nell’ottica di consentire una limitazione dell’operatività del sistema di cooptazione degli amministratori cessati a beneficio della competenza assembleare. Tale clausola deve considerarsi valida in quanto non risulta contraria ad alcuna norma imperativa dell’ordinamento in materia societaria.
Con la riforma del 2003 ne è stata estesa la portata applicativa, in ossequio alla finalità di ampliare gli ambiti dell’autonomia statutaria, anche alla situazione della cessazione di una minoranza degli amministratori. L’unico limite all’applicazione di siffatta clausola risiede dalla necessità di rispettare il dovere generale di buonafede e i doveri di lealtà e correttezza che regolano i rapporti all’interno della società, non potendosi ritenere lecito un utilizzo della clausola preordinato all’estromissione di amministratori non graditi.
Impossibile, poi, sostenere la non validità di tale clausola statutaria con riferimento ai componenti del consiglio di sorveglianza nelle società per azioni strutturate secondo il sistema dualistico. Ciò perché, spiegano i giudici, la clausola è funzionale a garantire che una determinata composizione di un organo collegiale (dovuta, ad esempio, all’adozione di un sistema di nomina che rifletta la presenza di diverse componenti nella base associativa) venga mantenuta inalterata per tutto l’arco del mandato nel caso del venir meno di alcuni dei suoi componenti. Dunque, tale clausola ha l’effetto di caratterizzare intrinsecamente il rapporto tra il componente l’organo collegiale e l’ente collettivo, funzionando da stimolo alla coesione dell’organo medesimo, poiché ciascun componente è consapevole che le dimissioni di uno o di alcuni degli altri determinano la decadenza dell’intero organo e, nel contempo, può contribuire a quella decadenza, quando in disaccordo con gli altri.
Tali finalità non sono estranee al funzionamento e all’operatività delle società per azioni basate sul sistema dualistico, per cui l’adozione di una siffatta clausola in tali società va ritenuta legittima, essendo coerente con la filosofia generale di tale modello organizzativo e non ponendosi in contrasto con alcuna disposizione imperativa.

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