Avviso di accertamento: va riconosciuta efficacia probatoria alle dichiarazioni rese da terzi
Illogico, secondo i giudici, negare qualsiasi valenza probatoria alle convergenti dichiarazioni dei terzi per il solo fatto che esse non siano state trascritte in un ‘processo verbale di constatazione’ dotato di fede privilegiata

In tema di applicazione delle imposte dirette e indirette, l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese da terzi, testualmente riportate in un avviso di accertamento (quale provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo di applicazione dell’imposta), non può essere disconosciuta quasi come se non esistesse. Al contrario, le dichiarazioni di terzi rilevano come fonti di conoscenza, come fatti o indizi, che spetta al giudice di merito valutare insieme con gli altri elementi presuntivi che completano il quadro probatorio a sostegno della pretesa tributaria, al fine di decidere se il Fisco abbia soddisfatto l’onere della prova a suo carico, con conseguente trasferimento al contribuente dell’onere della prova contraria. Questo il paletto fissato dai giudici chiamati a prendere in esame un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società in ragione della ritenuta inesistenza oggettiva di alcune operazioni. I giudici tributari di secondo grado avevano sostenuto che l’onere, a carico dell’Agenzia delle Entrate, di provare, anche in via indiziaria, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, dimostrando la natura di ‘cartiera’ di tre imprese fornitrici della società oggetto di accertamento, non era stato validamente assolto mediante la riproduzione, con una serie di ‘omissis’, nell’accertamento emanato, delle dichiarazioni degli amministratori delle tre società fornitrici. Per i giudici di Cassazione, invece, è illogico negare qualsiasi valenza probatoria alle convergenti dichiarazioni dei terzi per il solo fatto che esse non siano state trascritte in un ‘processo verbale di constatazione’ dotato di fede privilegiata. (Ordinanza 32024 del 28 ottobre 2022 della Corte di Cassazione)