Omesso versamento dell’IVA: nessuna giustificazione a fronte dei ritardi nei pagamenti da parte di due grosse società pubbliche

I giudici respingono la tesi proposta dalla società contribuente, che ha attribuito l’omesso versamento dell’IVA a causa di forza maggiore

Omesso versamento dell’IVA: nessuna giustificazione a fronte dei ritardi nei pagamenti da parte di due grosse società pubbliche

Impossibile giustificare l’omesso versamento contestato dal Fisco a una società solo perché quest’ultima ha lamentato ritardi nei pagamenti da parte di due società a partecipazione pubblica. I giudici ritengono impossibile parlare di causa di forza maggiore alla base dell’omesso versamento - per tre mesi - dell’IVA da parte della società contribuente. Ciò perché la società ha sostenuto di aver preferito privilegiare il pagamento degli stipendi dei dipendenti e assicurare così la continuità aziendale e ha individuato la causa di uno stato di insolvenza e, soprattutto, dell’inadempimento dell'obbligazione tributaria nei ritardi nel pagamento dei propri debiti dai principali committenti, cioè due società a partecipazione pubblica, ma, osservano i giudici, nulla risulta allegato o dimostrato, da parte della società contribuente, a dare prova di concreti tentativi della società per fronteggiare, per tempo, le difficoltà economiche - notorie - in cui versavano le due committenti. I giudici ricordano che è necessaria la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un'improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili. In conclusione, l'inevitabilità di conseguenze nefaste non può farsi derivare, come fatto invece dalla società contribuente, dalla sorte dei propri principali clienti - certamente fuori da ogni controllo della società - ma, piuttosto, dal dimostrato esito vano delle iniziative che la società stessa avrebbe potuto per tempo adottare al fine di reperire risorse o linee di credito alternative ed in grado di fronteggiare i rischi di crisi di liquidità, già noti da tempo e che quindi non possono ritenersi evento improvviso ed imprevedibile. (Sentenza dell’11 aprile 2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio)  

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