Immobili per uso non abitativo e canone locativo: legittima la clausola che prevede i cosiddetti canoni ‘a scaletta’
Ciò che cambia, con il canone ‘a scaletta’, è, osservano i giudici, la tempistica del pagamento che, anziché avvenire in misura fissa, è spalmata, nell'arco della durata della locazione, secondo un criterio progressivamente crescente

Alla luce del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, è legittima la clausola in cui venga pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo - canoni cosiddetti ‘a scaletta’ - nell'arco del rapporto. E deve perciò escludersi la necessità di dimostrare, con rilievo condizionante, il collegamento del previsto aumento, nel tempo, del canone a elementi oggettivi e predeterminati, diversi dalla svalutazione monetaria, idonei a incidere sul sinallagma contrattuale, salvo che la clausola non costituisca un espediente per aggirare i paletti fissati in materia di aggiornamenti dei canoni dalla disciplina normativa in materia di locazioni di immobili urbani. Ciò che cambia, con il canone ‘a scaletta’, è la tempistica del pagamento che, anziché avvenire in misura fissa, è spalmata, nell'arco della durata della locazione, secondo un criterio progressivamente crescente. Nel caso specifico da loro preso in esame, i giudici hanno accertato che l'accordo contenente la clausola ‘a scaletta’ era stato inserito fin dall'origine nel contratto di locazione e che le spese di adeguamento sull'immobile erano finalizzate all'esercizio della specifica attività svolta dal conduttore, non emergendo dal testo contrattuale che i lavori costituissero una prestazione in luogo di corrispettivo quale parte del canone di locazione. (Sentenza del 2 maggio 2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio)