Il riferimento alle prestazioni infermieristiche non basta a legittimare la pretesa del Fisco nei confronti del medico

All'interno di uno studio di medicina di base, le prestazioni infermieristiche, delle quali si avvale il medico convenzionato con il ‘Servizio sanitario nazionale’, non rilevano, analogamente a quelle meramente di segreteria e indipendentemente dalle modalità con cui sono rese (individuale o per mezzo di società di servizi), ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione necessaria per l'applicazione dell'Irap

Il riferimento alle prestazioni infermieristiche non basta a legittimare la pretesa del Fisco nei confronti del medico

Tali prestazioni non si traducono, in termini di attività offerte agli assistiti, in prestazioni incrementative, integrative ovvero ulteriori - e quindi - complementari a quelle proprie del medico, esistendo una rigida demarcazione tra le attività elargibili dalle due figure professionali considerate. Inutile l’osservazione proposta dal Fisco e mirata a porre in evidenza che il medico ha sostenuto e sostiene pagamenti regolari a favore di società di servizi per prestazioni varie, come quelle infermieristiche. Secondo il Fisco, tale elemento dimostra la sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione ai fini Irap. Per i giudici, invece, ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione non è dato comprendere come una prestazione resa da un collaboratore individuale o da una società di servizi possa incidere sia in senso qualitativo che quantitativo sulla organizzazione medesima. Anche perché, se si tratta di lavori di segreteria, il Fisco stesso ammette che siano ininfluenti in quanto meramente esecutivi, quindi la questione controversa non è la modalità, se individuale o resa da società di servizi, ma la qualità della prestazione, e sempre il Fisco afferma che non deve trattarsi di prestazioni integrative o complementari all'attività del medico. Nel caso preso in esame, il Fisco ha specificato che le mansioni poste in evidenza consistono, all'interno di uno studio di medicina di base, nella consegna delle ricette, nella somministrazione dei vaccini, nella misurazione della pressione. Trattasi cioè, con tutta evidenza, di attività di ausilio, materiali, esecutive e che non si traducono, in termini di attività offerte agli assistiti, di prestazioni incrementative, integrative, ovvero ulteriori e complementari a quelle svolte dal medico, esistendo per fatto notorio una rigida demarcazione tra prestazioni sanitarie e infermieristiche, anche sotto il profilo della responsabilità. D'altronde, sarebbe difficile ipotizzare, concludono i giudici, che in temporanea assenza del medico, l'infermiere incrementi o agevoli una prestazione sanitaria anche successiva, perlomeno in un ambito di medicina generica quale quella svolta dal medico convenzionato con il ‘Servizio sanitario nazionale’. (Sentenza del 14 agosto 2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte)

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