Dipendente a casa con la febbre, viene beccato a fare il cameriere nel pub di un familiare: legittimo il licenziamento
Venuti alla luce comportamenti che indicano una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione

Legittimo il licenziamento del lavoratore che è ufficialmente a casa in malattia, a causa di febbre e problemi gastrointestinali, e invece viene beccato a dare una mano come cameriere nel pub di un parente della moglie. I giudici chiariscono che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può sì giustificare l’interruzione del rapporto di lavoro, ma solo nell’ipotesi in cui tale attività esterna – sia a titolo oneroso che a titolo gratuito – sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia che il lavoratore ha comunicato alla propria azienda per potere rimanere a casa, regolarmente retribuito. Nel caso preso in esame dai giudici sono decisive le informazioni sul lavoratore raccolte dall’azienda mediante il ricorso ad accertamenti investigativi, accertamenti legittimi poiché aventi ad oggetto fatti rilevanti al fine di valutare l’attitudine professionale del dipendente, nella cui sfera può farsi rientrare anche la condizione di malattia o di inidoneità fisica. I giudici chiariscono poi che non vi è per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare, durante tale periodo di assenza, un’attività lavorativa esterna a quella svolta, di regola, per la propria azienda, a patto, però, che tale impegno esterno non evidenzi una simulazione di infermità ovvero non comprometta la guarigione del dipendente. In sostanza, è possibile licenziare il lavoratore che presti un’altra attività durante la malattia solo nel caso in cui si provi che egli abbia agito fraudolentemente in danno del datore di lavoro simulando la malattia per assentarsi in modo da poter espletare un lavoro diverso ovvero abbia lavorato durante l’assenza con imprese concorrenti oppure abbia compromesso o ritardato la propria guarigione strumentalizzando così il suo diritto al riposo per trarne un reddito ulteriore. E nello specifico caso preso in esame i giudici chiariscono che l’espletamento di altra attività lavorativa o di mera collaborazione familiare da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buonafede nell’adempimento dell’obbligazione, posto che servire ai tavoli, prendere le ordinazioni, incassare, andare avanti e indietro con l’auto oppure in giro con il monopattino elettrico a novembre e di sera, trattenersi presso il pub almeno fino alla 23, sono comportamenti che indicano una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione. (Ordinanza del 16 dicembre 2022 del Tribunale di Foggia)