Differimento dei trattamenti di fine servizio per i dipendenti pubblici: i giudici richiamano il legislatore
Riconosciuta la non compatibilità con la Costituzione. Necessaria una rimozione del differimento

Stop dei giudici al differimento dei ‘trattamenti di fine servizio’ spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio. Il differimento è ritenuto, difatti, non compatibile con la Costituzione. E per questo i giudici della Corte Costituzionale hanno rivolto un pressante invito al legislatore perché il paletto del differimento venga gradualmente rimosso. I giudici hanno espresso chiaramente la loro posizione, spiegando che ci si trova di fronte a una palese violazione del principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni, ossia i ‘trattamenti di fine servizio’ costituiscono una componente, principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto ma anche nella tempestività della erogazione. Peraltro, si tratta di un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana, hanno aggiunto i giudici, e, quindi, spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che comporta il superamento del differimento, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria. Su questo fronte, però, la discrezionalità del legislatore non è temporalmente illimitata, e non sarebbe tollerabile, hanno aggiunto i giudici costituzionali, l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa. Anche perché la Corte Costituzionale aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza numero 159 del 2019, un monito con cui si segnalava la problematicità della normativa in esame. (Sentenza 130 del 23 giugno 2023 della Corte Costituzionale)